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        Commento pubblicato dal Corriere Canadese del 27 novembre 1998

UNA FARSA OGNI 4 ANNI 
di Angelo Persichilli
                              CORRIERE CANADESE         (English Version)
Ci risiamo: se ne vanno o rimangono? Parlo ovviamente dei cittadini del Québec. Questa domanda spunta sulla stampa ogni quattro anni, vale a dire ogni volta che si vota nella Belle Provence. In Québec, infatti, non si fanno elezioni, solo referendum sulla necessità o meno di tenere unita questa nazione.

Tutto questo è dovuto alla stampa, sempre più in cerca di sensazionalismi, e ad alcuni politici in cerca di un posto nella storia. In realtà, la maggioranza dei quebecchesi sono consci della necessità di mantenere questa provincia unita e ogni quattro anni vorrebbero essere lasciati in pace e votare per una semplice elezione per rinnovare o meno il governo. Come avviene in qualsiasi altra provincia.

Il problema è che, mentre in ogni provincia vi sono due partiti che assicurano il ricambio democratico, in Québec vi sono un partito federalista ed uno separatista. E così ogni voto viene trasformato dalla stampa in un referendum sull’unità del Canada.

Nel 1976 i cittadini erano stanchi di Robert Bourassa e votarono per Levesque. Normale avvicendamento. Infatti, quando Levesque chiese loro nel referendum se volevano separarsi, essi risposero molto cortesemente “No, merci monsieur”. 

Lo stesso errore ha fatto Parizeau nel 1995 quando interpretò il desiderio di cambiamento dei cittadini come un mandato al separatismo. Ed infatti in un altro referendum essi dissero la stessa cosa: No. Certo, il margine fu striminzito, ma la domanda era così convoluta che era difficile anche capire cosa Parizeau volesse.

Egli non chiese se i quebecchesi volessero separarsi o meno. I separatisti hanno paura di fare questa domanda perché temono la risposta.

Bouchard stesso la conosce. Dall’ultimo sondaggio della Angus Reid emerge chiaro che il 46% vuole Bouchard al governo ma il 73% dice no al separatismo. 

I quebecchesi vogliono un premier, non un altro primo ministro di una nuova nazione.

Quando usciremo da questa farsa?

Due cose. Innanzitutto i media devono imparare a riportare le notizie non a crearle. In secondo luogo è necessario avere un altro partito in grado di offrire una alternativa federalista al Partito Liberale.

Se Action Democratique di Mario Dumont riesce a crescere senza uccidere i liberali, la grande farsa finirà.

Ma è una farsa?

Ammettiamo per ipotesi che non lo sia e la minaccia separatista sia reale. A questo punto dobbiamo pórci un'altra domanda: sono gli attuali federalisti in grado di evitare questo pericolo? La risposta è chiara: no.

Ci provò Trudeau e fallì. Lo stesso ha fatto Mulroney. Ora abbiamo Jean Chrétien e Jean Charest. Il primo non ci sta provando nemmeno (e quando ci prova si salvi chi può), il secondo ha coraggio ma non ha idee: e il dibattito della scorsa settimana lo prova.

Charest e Chrétien, anche se litigano, sono uguali: difendono lo status quo. Sfortunatamente ciò non è accettabile a tutti i canadesi, inclusi i cittadini del Québec. I cittadini sono stanchi di giocare alla roulette russa col futuro del Canada ogni 4 anni. A prescindere quindi dal risultato delle votazioni di lunedì prossimo, una cosa è certa: la nazione ha bisogno di nuove idee, di una nuova guida in grado di portarci oltre il 2000.

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